PFAS, traduzione dell’intervento di Marcos Orellana (ONU) in Commissione Ambiente al Senato

Audizione in videoconferenza del professor Marcos Orellana, relatore speciale delle Nazioni Unite sulle sostanze tossiche e i diritti umani, sul disegno di legge n. 2392 (Misure urgenti per la riduzione dell’inquinamento da sostanze poli e perfluoroalchiliche (PFAS) e per il miglioramento della qualità delle acque destinate al consumo umano)

Introduzione

Grazie per avermi dato la parola e per il cortese invito a partecipare a questa audizione.

Sono molto contento di partecipare a questa videoconferenza sul ddl n. 2392 “Misure urgenti per la riduzione dell’inquinamento da sostanze poli e perfluoroalchiliche (PFAS) e per il miglioramento della qualità delle acque destinate al consumo umano”.

Mi chiamo Marcos Orellana e sono il Relatore Speciale dell’ONU sulle implicazioni per i diritti umani della gestione e dello smaltimento ecocompatibile di sostanze e rifiuti pericolosi, questione conosciuta anche come sostanze tossiche e diritti umani.

Questo mandato è stato creato dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite nel 1995 e si concentra sull’erogazione di informazioni dettagliate e aggiornate sulle conseguenze avverse della gestione e dello smaltimento ecocompatibile di sostanze e rifiuti pericolosi sul pieno conseguimento dei diritti umani. Nell’ottobre del 2020, il Consiglio per i diritti umani ha rinnovato e ampliato la durata del mandato per altri tre anni.

Sul mandato

Le sostanze pericolose provenienti dall’attività umana riguardano molteplici aree della nostra vita quotidiana. Le sostanze tossiche spesso si trovano negli alimenti delle persone, nell’aria che respirano, nell’acqua che bevono, nelle case e i posti in cui lavorano. Questa esposizione dannosa è collegata a varie forme di cancro, anormalità riproduttive, malattie polmonari, diabete e disturbi dell’apprendimento e altri impatti negativi sulla salute.

La nostra esposizione incessante alle sostanze tossiche da molteplici fonti ha un impatto diretto sul nostro diritto umano alla vita. Ci impedisce di raggiungere lo standard di salute più alto possibile. L’esposizione alle sostanze tossiche blocca inoltre l’accesso all’integrità fisica, all’acqua e cibo sicuri, ad abitazioni adeguate, e al diritto ad un ambiente pulito, salubre e sostenibile.

L’esposizione alle sostanze tossiche o pericolose spesso riguarda le popolazioni più vulnerabili, tra cui persone in stato di povertà, popolazioni indigene, lavoratori, migranti e minoranze. I diritti delle donne e dei minori spesso sono coinvolti nei casi di esposizione a sostanze tossiche.

La fascia di popolazione più a rischio è probabilmente quella dei minori. I pediatri purtroppo descrivono che alcuni bambini nascono pre-inquinati, da cui risulta una “pandemia silenziosa” di malattie, disabilità e morte prematura in tutto il mondo. Centinaia di bambini hanno già centinaia di sostanze chimiche tossiche nei loro corpi prima della loro nascita. Gli scienziati hanno collegato livelli più elevati di alcuni tipi di cancro e altri effetti negativi sulla salute all’aumento della produzione, dell’uso e del consumo di sostanze chimiche tossiche negli ultimi decenni.

Molti casi di violazioni dei diritti umani sono perpetrati dalle imprese. Questo riguarda l’avvelenamento di comunità, lavoratori e consumatori con sostanze tossiche. Queste violazioni conseguono a industrie estrattive, all’utilizzo di pesticidi nell’agricoltura, di prodotti chimici industriali nella produzione, alle emissioni delle centrali elettriche, delle fabbriche, dei veicoli e da altre fonti e, naturalmente, allo smaltimento inadeguato dei rifiuti.

Visita in Italia

Uno degli strumenti a disposizione del mandato è lo svolgimento di visite nei paesi. Ho avuto l’opportunità di visitare l’Italia dal 30 novembre al 13 dicembre 2021, su invito del Governo italiano. Durante la visita, volevo valutare l’impegno preso dal Governo per prevenire e affrontare gli effetti avversi delle sostanze tossiche sui diritti umani.

Vorrei esprimere la mia più sincera gratitudine al Governo italiano per l’invito a condurre la visita, per la sua disponibilità ad aprirsi allo scrutinio e per l’eccellente cooperazione e gli sforzi per garantire di poter sfruttare al meglio la visita. Ringrazio tutti i funzionari dei governi nazionali e regionali nonché i numerosi membri della società civile che ho avuto modo di incontrare.

Ho avuto l’opportunità di visitare la zona rossa delle contaminazioni da sostanze per e polifluoroalchiliche (PFAS) in Veneto. Sono seriamente preoccupato per l’entità dell’inquinamento da PFAS, (noti anche come prodotti chimici per sempre perché persistono e non si degradano nell’ambiente) in alcune zone del Veneto. Oltre 300.000 persone nella regione sono state colpite dalla contaminazione dell’acqua con PFAS, inclusa l’acqua potabile. I residenti della zona hanno sofferto seri problemi di salute, tra cui anche infertilità, aborti spontanei e diverse forme di tumori. La dimensione umana del problema è stata illustrata da una delle madri incontrate durante la visita:

“Puoi immaginare cosa significa per una madre rendersi conto di aver avvelenato i suoi figli con il latte materno?”

Per diversi decenni l’azienda chimica Miteni ha prodotto PFAS a Trissino (Vicenza) e ha rilasciato i propri rifiuti senza un adeguato controllo, inquinando le acque superficiali e sotterranee e la catena alimentare, interessando le zone di Verona, Vicenza e Padova. Sebbene i responsabili dell’azienda sembrassero essere consapevoli dei rilasci di rifiuti e del conseguente inquinamento, non hanno offerto adeguate misure di protezione ai lavoratori, né hanno divulgato informazioni sulla gravità dell’inquinamento da PFAS a loro o al pubblico. Secondo le informazioni ricevute, la contaminazione è avvenuta principalmente nelle acque sotterranee in un’area di oltre 200 chilometri quadrati. Ad oggi non sono state effettuate bonifiche di sito efficaci nelle aree più colpite, nonostante la produzione della Miteni sia cessata nel 2018 e la bonifica sia stata richiesta dal 2016.

Nel 2013 il Consiglio Nazionale delle Ricerche ha informato le autorità regionali della presenza di PFAS. La Regione Veneto ha intrapreso una serie di azioni, come l’installazione di filtri a carboni per depurare l’acqua potabile nelle zone più inquinate e la denuncia alla procura. Tuttavia, secondo le testimonianze ricevute, anche dopo l’installazione di filtri a carboni attivi, i PFAS non venivano completamente filtrati. Col tempo, altre misure hanno incluso la revisione delle autorizzazioni delle aziende che utilizzano i PFAS per stabilire dei limiti allo scarico di PFAS, nonché l’investimento in un sistema di opere pubbliche per portare acqua non inquinata nell’area.

Nonostante l’adozione di queste misure, le autorità non hanno avvisato i residenti delle aree colpite e non hanno diffuso informazioni sull’inquinamento da PFAS e sui rischi per la salute dei residenti, e non hanno richiesto o condotto indagini approfondite sui territori contaminati. Alcuni residenti sono venuti a sapere del problema della contaminazione tossica nel 2016-2017, quando la regione ha avviato un piano di sorveglianza sanitaria per la popolazione esposta a PFAS nell’area rossa critica. Tuttavia, non tutti coloro che sono stati esposti a PFAS hanno potuto determinare la concentrazione di PFAS nel sangue, dato che solo i residenti nell’area rossa critica nati tra il 1951 e il 2014 hanno accesso allo screening. Anche i residenti nelle aree vicine (“arancioni” e “gialle”) sono esclusi dallo screening.

Secondo le testimonianze ricevute, le informazioni sugli alimenti contaminati non sono state rese disponibili alle comunità potenzialmente colpite e sembra che dal 2017 le autorità non abbiano effettuato ulteriori analisi sui prodotti alimentari provenienti dalle aree più inquinate della Regione Veneto. Al contrario, nel novembre 2021 la Regione Veneto ha rifiutato una proposta di ampliamento della disposizione di iniziative volte a diffondere presso il pubblico una maggiore conoscenza e consapevolezza delle questioni ambientali legate ai PFAS, con particolare riferimento alla loro presenza negli alimenti.

Gli studi condotti dalle organizzazioni della società civile nel 2017 hanno continuato a mostrare la presenza di PFAS nell’acqua potabile, anche nelle scuole. Gli studi hanno stimato che oltre 800.000 cittadini sono stati esposti a sostanze chimiche PFAS nell’acqua potabile.

Secondo le informazioni ricevute, mentre ci sono stati studi sugli effetti materni e neonatali che mostrano un aumento dei problemi di salute relativi alla gravidanza nelle aree di più alta esposizione a PFAS, non ci sono stati studi di follow-up per valutare lo stato di salute delle persone potenzialmente esposte. Non ci sono inoltre stati screening pre-gravidanza di routine per determinare l’esposizione a PFAS nei comuni coinvolti.

Prendo atto che il Tribunale di Vicenza ha avviato un processo penale per reati ambientali a carico di 15 imputati coinvolti nelle operazioni della Miteni. Prendo anche atto che alcune parti civili si sono unite al processo.

Un problema nazionale

Vorrei però sottolineare che l’inquinamento da PFAS non si limita all’attività dello stabilimento della Miteni. È anche il risultato delle operazioni di piccole e medie imprese all’interno e all’esterno della regione che utilizzano PFAS nei loro processi di produzione e scarico delle acque contaminate, comprese ad esempio le industrie tessili e del pellame.

Vorrei anche sottolineare che l’inquinamento da PFAS non è limitato alla regione del Veneto. Tra le altre aree, la contaminazione da PFAS è fonte di preoccupazione nel principale bacino italiano, la Pianura Padana. In particolare, sono preoccupato per la corrente produzione di PFAS da parte dell’azienda Solvay, a Spinetta Marengo, Alessandria, in Piemonte. In caso di incidenti o rilasci di PFAS nelle acque locali questa attività potrebbe creare un disastro ambientale simile a quello subito dalle comunità colpite in Veneto.

Disegno di legge

In questo contesto, sono molto contento di vedere un disegno di legge proposto al Parlamento italiano sulla questione dei PFAS. Osservo che il disegno di legge intende ridurre le emissioni di PFAS nell’ambiente, allineando la normativa italiana alla Direttiva europea rilevante sulla qualità delle acque destinate al consumo umano, e rafforzare le competenze delle autorità italiane per dare effetto alla direttiva comunitaria.

Vorrei anche osservare che il disegno di legge riporta delle evidenze scientifiche sulle caratteristiche pericolose dei PFAS e intende istituire uno specifico osservatorio sui PFAS per stare al passo con la ricerca tecnologica e scientifica.

Diritto alla scienza

A questo proposito, vorrei condividere con voi alcune osservazioni dal punto di vista del diritto umano a fruire dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni.

La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani riconosce il diritto di tutti a prendere parte al progresso scientifico e ai suoi benefici. La Convenzione internazionale sui diritti economici, sociali e culturali amplia questo diritto umano. Questo diritto ha implicazioni enormi su altri diritti umani, come il diritto a una vita dignitosa, alla salute, alla non discriminazione, al lavoro sicuro, all’aria pulita e all’acqua potabile e il diritto a un ambiente salubre.

Il diritto alla scienza richiede che i governi adottino misure per prevenire l’esposizione a sostanze pericolose, sulla base delle migliori evidenze scientifiche disponibili. Le scoperte scientifiche relative a sostanze o processi pericolosi devono indurre i governi a adottare misure tempestive ed efficaci per proteggere le popolazioni. Il diritto alla scienza implica anche la presenza di un ambiente stimolante in cui i governi promuovono la ricerca scientifica sulle sostanze tossiche che mettono in pericolo la salute pubblica.

Naturalmente, la scienza non stabilisce collegamenti definitivi tra le sostanze tossiche e i loro effetti su ogni sostanza, in ogni situazione e in ogni momento. La scienza è un processo incrementale di interrogazione e revisione costante, con inevitabili lacune nella conoscenza e incertezze. In questo senso, il principio di precauzione, quale elemento di dovuta diligenza, offre uno strumento importante per affrontare tali incertezze.

Oggi, tuttavia, la diffusione intenzionale di disinformazione in merito all’evidenza scientifica mina la nostra capacità di trarre vantaggio dalla conoscenza scientifica. La disinformazione è diventata uno strumento potente per manipolare la comprensione pubblica e il dibattito, generando confusione e sfiducia nella scienza.

È diventato un business fruttuoso propagare i dubbi sui pericoli e i danni delle sostanze pericolose. Alcune aziende sono specializzate nel disseminare deliberatamente incertezze e fraintendimenti nella società. Le tattiche di negazione, depistaggio e distorsione vengono utilizzate per mantenere i prodotti pericolosi sul mercato in completa impunità. Ciò avviene a scapito di un’adeguata tutela dei diritti umani.

Il diritto alla scienza implica che le informazioni scientifiche veritiere siano disponibili e accessibili. Questo include le evidenze scientifiche che fungono da base per la normazione e la legislazione, compresi i dati a loro sottostanti. Le informazioni sulle sostanze pericolose non dovrebbero essere tenute lontane dal dominio pubblico. Tuttavia, le pretese ingiustificate sulle informazioni commerciali riservate impediscono l’accesso alle informazioni fondamentali per proteggere le persone dai rischi e i danni delle sostanze tossiche.

Per cogliere pienamente il potenziale del diritto alla scienza, è necessario creare e potenziare canali di collegamento efficaci tra scienza e normazione. Mi riferisco a piattaforme per interfacce scienza-politica prive di ideologie, politicizzazione, mancanza di trasparenza, interessi economici acquisiti e altri conflitti di interesse.

Questo è particolarmente rilevante per questioni come quella dei PFAS, dove l’evidenza scientifica in evoluzione richiede controlli e sostituzioni sempre più stretti. Un elemento particolare che ne consegue è che i PFAS devono essere considerati una classe di sostanze chimiche, e non singolarmente. La traduzione di Google del disegno di legge che ho non è sufficientemente dettagliata e precisa per me per vedere se vengono affrontati i PFAS come una classe o se ne vengono semplicemente elencati un certo numero per il controllo.

Innovazione e precauzione

Per concludere, permettetemi di condividere alcune idee sulle tensioni tra innovazione e precauzione che ho presentato nel discorso di apertura per commemorare il 40° anniversario del Centro di Ateneo per i Diritti Umani dell’Università di Padova di venerdì scorso.

Non c’è dubbio che le sostanze chimiche svolgano un ruolo chiave nella società, e lo fanno da secoli. Non ci sono dubbi sul fatto che i PFAS possano rendere la nostra vita più facile, per il loro uso nei tessuti o negli utensili da cucina, e in effetti possono anche essere molto utili, per le loro proprietà antincendio. Ma sono essenziali per la vita? E i gravi effetti avversi sulla salute umana e sull’ambiente possono essere superati dal presunto interesse pubblico nell’uso dei PFAS?

In generale, l’approccio prevalente alla gestione delle sostanze chimiche è basato sull’idea del rischio. L’Unione Europea non fa eccezione. Le politiche statali spesso danno priorità all’innovazione e alla promozione delle applicazioni tecnologiche. Solo quando c’è evidenza di rischio o di danno sussiste una base per la restrizione o l’eliminazione di una determinata sostanza chimica.

Alla base di questo approccio alla gestione delle sostanze chimiche c’è l’idea che le sostanze chimiche pericolose di per sé non sono un problema; la vera sfida è l’esposizione.

Secondo questa linea di pensiero, quello che conta davvero è valutare la quantità di rischio. Si tratta di un processo che utilizza molte risorse e che implica, tra gli altri, l’identificazione dei percorsi e delle dosi di esposizione. Tuttavia, spesso mancano dati o risorse per effettuare la valutazione. Inoltre, le sostanze chimiche vengono valutate una per una, il che è una ricetta per mantenere lo status quo. L’UNEP segnala oltre 350.000 sostanze chimiche sul mercato, e il numero è in aumento. Non ci sono, o sono limitate, le informazioni per la vasta maggioranza di queste, e quindi non c’è una valutazione dei rischi, e quindi l’esposizione continua. Ci vorrebbero decenni se non secoli per valutare i rischi posti da questo numero di sostanze chimiche, per non parlare della valutazione delle loro interazioni.

Questo approccio alla gestione delle sostanze chimiche basato sul rischio è reattivo e non preventivo. Significa che la società è la cavia e il topo da laboratorio dell’industria chimica. Significa che l’azione di protezione contro i danni è differita al momento in cui l’evidenza del rischio è convincente. E spesso ci sono rappresentanti di interessi particolari che finanziano campagne di disinformazione per mettere dubbi sulle evidenze scientifiche. Gli attacchi contro la scienza e gli scienziati, insieme alla disinformazione, si traducono in un continuo interrogarsi sulla sufficienza o adeguatezza delle prove scientifiche. Questa è una tattica deliberata per mantenere le sostanze chimiche pericolose sul mercato, nonostante i danni che causano.

Secondo il paradigma prevalente di valutazione del rischio, è comunque possibile utilizzare in sicurezza le sostanze chimiche pericolose, purché vi siano protezioni e controlli adeguati. Tuttavia, l’utilizzo è solo un momento nel ciclo di vita delle sostanze chimiche. Anche la produzione e lo smaltimento possono comportare gravi effetti avversi per la salute umana e l’ambiente. Nel caso dei PFAS, ad esempio, dal punto di vista del ciclo di vita, il fatto che siano praticamente indistruttibili significa che queste sostanze chimiche sintetiche non possono essere utilizzate in modo sicuro.

Inoltre, non ci può mai essere una garanzia di un utilizzo sicuro al 100% perché si possono sempre verificare incidenti. Gli incidenti fanno parte dell’esperienza umana e della condizione fallibile dell’umanità: i sistemi falliscono, i materiali si rompono, gli esseri umani sbagliano. Quando gli incidenti rilasciano sostanze chimiche pericolose nell’ambiente, come spesso accade, gli esseri umani ne subiscono gli effetti deleteri.

A volte si sostiene anche che gli usi essenziali delle sostanze chimiche dovrebbero essere salvaguardati. Ma quando si tratta di sostanze chimiche pericolose sintetiche, come i PFAS, che sono prodotte dall’uomo e altrimenti non sarebbero presenti nell’ambiente naturale, queste sostanze chimiche sono intrinsecamente non essenziali per la vita e la società. Ciò che è essenziale per la vita sono acqua pulita e aria pulita; ciò che è essenziale per la società è un ambiente pulito e salubre.

Queste e altre ragioni spiegano come la nozione di rischio alla base dei regolamenti sulla gestione delle sostanze chimiche sia diventata una trappola concettuale che impone dei danni alla società. Semplicemente legalizza l’esposizione a sostanze pericolose. Questo mina l’effettivo godimento dei diritti di ciascuno alla vita, alla salute e all’integrità fisica.

La nozione di rischio ed esposizione è un ostacolo alla transizione verso un’economia circolare non tossica. Data la grave contaminazione del pianeta, noi come umanità dobbiamo invertire la rotta. La politica sulle sostanze chimiche deve essere preventiva e non reattiva. L’applicazione del principio di precauzione, basato sul profilo di pericolo delle sostanze chimiche, dovrebbe guidare la transizione verso un ambiente privo di sostanze tossiche. Gli interventi normativi sono necessari non solo per affrontare la concorrenzialità o per creare condizioni di parità, che al momento sono il focus del mercato europeo. Gli interventi normativi sono necessari per garantire protezione ai più vulnerabili.

In conclusione

Il diritto a un ambiente pulito, salubre e sostenibile richiede un ambiente non tossico. Le sostanze chimiche pericolose come i PFAS dovrebbero essere gradualmente eliminate come classe. Il progetto di legge è un passo importante, ma bisogna fare di più. L’Italia dovrebbe esercitare la leadership regionale mentre l’Unione Europea si prepara ad affrontare le serie minacce per la salute e l’ambiente poste dai PFAS.

Vi ringrazio per l’opportunità di partecipare a questa audizione e per la vostra attenzione.

testo a cura degli uffici di segreteria della 13a Commissione

One Comment

  1. Pingback: Padania Acque conferma: i famigerati PFAS nell'acquedotto (ma nei limiti di legge) - Vittoriano Zanolli

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *